Le ghiacciaie e le tabaccaie

 

Comune di Collesalvetti

     

 

 

Mulini, ghiacciaie e tabaccaie

E’ possibile tracciare un quadro dell’evoluzione economica e dell’organizzazione sociale del comune di Collesalvetti, tra il XVII ed il XX secolo, descrivendo il succedersi delle varie attività che si avviarono su questo territorio e, in particolare, a quelle legate a ghiacciaie, mulini e tabaccaie.

 

I mulini ad acqua

Degli antichi mulini ad acqua del Comune di Collesalvetti restano ad oggi solo dei ruderi ubicati nel fondo delle valli dei torrenti, talvolta difficilmente individuabili a causa della folta vegetazione che li ricopre.

Proprio per questa difficoltà è necessario basarsi su fonti documentarie (mappe catastali, mappe delle RR. Possessioni, registri del pagamento della tassa delle macine, atti di allivellazione…) per scoprire l’esistenza e l’ubicazione delle strutture molitorie principali.

Nel territorio comunale si hanno notizie di mulini ubicati sul Fiume Tora, sul Botro Savolano, sul Torrente Ugione e, con maggior concentrazione (ben diciannove mulini!), sui Torrenti Morra e Camorra.

In particolare, per il fiume Tora, i documenti riportano l’esistenza di due mulini ad acqua. Quello più noto è conosciuto come mulino “della Fattoria” o “del Granduca” trasformato in fattoria subito dopo la prima guerra mondiale ed ancora oggi visibile. Alcuni documenti relativi al pagamento della tassa delle macine ci confermano l’esistenza del mulino già nel 1712, risalgono invece al 1777 due mappe delle RR. Possessioni in cui troviamo sia la descrizione grafica sia una pianta del mulino. Anche l’ingegner Bombicci fa riferimento all’opificio nel suo resoconto relativo alla costruzione dell’acquedotto di Livorno. Le notizie sul secondo mulino, invece, sono rintracciabili nel catasto di Collesalvetti e risalgono al 1819-20. Si tratta di un mulinetto “di rifiuto” ad un palmento, situato a valle del ponte denominato “del mulino della Tora”; dell’opificio oggi rimane soltanto un muraglione. Entrambi i mulini erano allivellati alla famiglia Bitossi fin dal 1763, ma intorno alla metà dell’Ottocento furono gestiti dalla famiglia Bottici per poi passare, verso la fine del secolo, alla famiglia Giusti che ci ha trasmesso in eredità un rendiconto in cui si rivolge particolare attenzione alla vita al mulino nei suoi aspetti quotidiani (dai primi del Novecento al 1910).

Il funzionamento di questa tipologia di mulini, detti a “ritrecine”, era abbastanza semplice. L’acqua veniva raccolta nelle “gore”, piccoli invasi a monte dei mulini, e fatta scendere, attraverso un canale a forte pendenza, nel “carcerario” o “inferno”, dove andava a colpire i cucchiai del “ritrecine” imprimendogli la rotazione che, attraverso un asse di legno e ferro, veniva trasmessa alla macina superiore.

 

I mulini a vento

Dislocati in prevalenza su località elevate e in luoghi esposti ai venti, seppur in numero minore, nel territorio vennero costruiti anche alcuni mulini a vento.

La loro struttura era costituita da un basamento a pianta circolare realizzato in pietra dove erano poste le macine e la tramoggia, al di sopra era poggiata la copertura in legno a forma di cono al cui interno si trovavano gli ingranaggi che trasmettevano il moto alle macine. Tutta la struttura lignea era sostenuta da una “bussola” che poteva ruotare per assecondare la direzione dei venti. Le pale erano formate da telai rettangolari su cui venivano legate delle strette e lunghe vele.

Ad oggi è possibile vedere alcuni resti di mulini a vento in località “Poggio ai tre mulini”.

 

 

 

 

 

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A cura di: Silvia Ioli

 

   

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